In qualità di protagonista della cultura del gusto rinascimentale, il tartufo conosce gli onori delle corti più raffinate e si impone come elemento insostituibile dell’alta cucina. Nel Settecento, l’idnologia, che studia il tartufo dal punto di vista naturalistico, assume carattere di vera e propria scienza. Sul finire dello stesso secolo il pregiato tartufo bianco d’Alba viene individuato per la prima volta dal naturalista polacco de Borch e classificato dal piemontese Vittorio Pico come Tuber magnatum (ovvero “dei magnati”), dovuto anche alla sua difficile reperibilità.
Si pensi che, a partire dal 2017, è stata avviata la candidatura della “Cerca e Cava del Tartufo” a patrimonio immateriale dell’UNESCO proprio alla luce dei saperi e delle pratiche sviluppatisi intorno ad un’attività così ampia da coinvolgere l’addestramento e l’utilizzo del cane nelle fasi di cerca e cavatura, la ricerca dei vari tipi di tartufi, la successiva conservazione e l’utilizzo gastronomico.